L’emblema della fotografia (04/2011)

Questo mese non vorrei parlare di fotografia, quanto farle un omaggio. Trasferirò perciò qui qualche pensiero che mi è venuto spontaneo mentre visitavo i marmi del Partenone al British Museum (sono di quelle cose che c’è sempre un buon motivo per vederle una volta in più, e credo che proprio per questo le chiamiamo Classici). Osservavo il magistrale modo in cui Fidia, responsabile della decorazione del Partenone, avesse risolto il problema dell’angolo acuto in fondo a sinistra nel timpano (lo spazio triangolare che sovrasta la facciata dei templi antichi). Invece di metterci – che so? – la solita figura umana sdraiata, coi piedi che astutamente si infilano nell’angusto spazio architettonico, il geniale scultore greco aveva scelto di trattarvi nientemeno che il tema dell’alba, contrapposta al tramonto, sistemato nell’angolo opposto. Tutto molto difficile e, insieme, glorioso e poetico. Glorioso perché in effetti l’antica Grecia rappresentava il sole come un carro, guidato dal dio Apollo saettante, trainato da un tiro di cavalli; una rappresentazione che resisterà nella romanità fino alle soglie del cristianesimo, se è vero com’è vero che si ritrova perfino nei primi culti cristiani di matrice ariana. La poeticità invece sta nella raffinata metafora dell’alba come un sorgere del sole dalle acque del mare: un fenomeno rappresentato dall’emergere delle sole teste di Apollo e di quattro cavalli, da un abisso invisibile. Il timpano insomma si trasforma in una gigantesca inquadratura fotografica triangolare che taglia via il corpo del dio, il suo carro e i corpi dei cavalli – immaginati tutti sott’acqua, e perciò invisibili sotto il livello dell’architrave – per mostrare soltanto ciò che se ne vedrebbe nel caso stessero nuotando verso la riva poco prima di riemergere. Un caso analogo ce lo offre una fascinosa immagine tratta dal lontanissimo mondo giapponese: un ukiyo-e di Utagawa del 1845 (sempre del British Museum) che mostra dei samurai in sella ai loro cavalli mentre guadano il fiume Uji.

Ora, si dirà: «che c’entra la fotografia?» Pensandoci bene, apparirà ovvio: il sole è una tipica metafora della fotografia (ai suoi primordi eliografia, da helios: sole), e non meno evocativo mi pare il fatto che l’immagine fotografica sia un’impresa a tirare avanti la quale ci vogliono più cavalli, più capacità. Il suo emergere dalle acque con un certo sforzo titanico, ma con la naturale ineluttabilità del sorgere del giorno, mi pareva una meravigliosa maniera per visualizzare l’emergere della fotografia dalle vasche dei liquidi di sviluppo e poi di fissaggio. Ineluttabile come la rettilinearità della luce, come la ciclicità dell’alba. Occorre ricordare – a quanti pensassero che il marmo bianco, con le sue ombre, possa eventualmente rimandare al bianco e nero – che l’aspetto originario della scultura architettonica greca era colorato; perciò, riassumendo, direi che chiaroscuro (b/n) e colore sono omaggiati entrambi da questa scultura. Ed è così che, guardando un marmo del Partenone (V sec. a.C.) ho letteralmente visto l’emblema della fotografia.

Certo, resta escluso da questo emblema tutto il mondo digitale – impossibile da trovare nei simboli e nelle tecniche dell’arte greca – ma bisogna pur ricordare che siamo di fronte a un monumento dell’arte classica: ci sta che l’omaggio vada alla fotografia classica e non a tutta quella che è poi divenuta nel frattempo. Vero è però che la presenza di questo frammento scultoreo nella coscienza universale è oggi più che mai dovuto al suo fluttuare nella rete virtuale del web – osservabile in Alaska, ad Atene o a Londra – com’è anche vero che la foto stessa che mi sono portato via per parlarvi di questo capriccio è una foto digitale. Ma forse l’elemento più metaforico di questa scultura è che l’arte greca, la sua composizione e le stesse linee delle architetture in cui era inserita, erano pensati come numeri: calcoli, proporzioni, coniche. Se è così, la fotografia numerica (come dicono i francesi) sta anch’essa in questo omaggio. Che qui – per pudore e per non farla diventare inutilmente lunga e involuta – è bene far terminare. E alla prossima.

© Augusto Pieroni (da FotoCult #75, Aprile 2011)


Carro di Apollo, dal timpano del Partenone (V sec. a.C.) - British Museum, Londra
Carro di Apollo, dal timpano del Partenone (V sec. a.C.) – British Museum, Londra
Particolare del timpano del Partenone, Atene
Particolare del timpano del Partenone, Atene
Utagawa Kuniyoshi, Takatsuna e due rivali sul fiume Uji, 1845
Utagawa Kuniyoshi, Takatsuna e due rivali sul fiume Uji, 1845

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